Ventisettesima storia per la rubrica #LdbStorytelling.
Potremmo definirlo una vera e propria fabbrica di idee il Laboratorio dal Basso “Casa Sferracavalli”, dedicato all’innovazione rurale nell’ottica di generare nuove prospettive di sviluppo e di impiego nella provincia di Taranto. Dal 12 al 31 luglio Lizzano è stata letteralmente travolta da un’ondata di energia e di entusiasmo, volti a ridare vita ad un luogo molto amato dalla cittadinanza ma chiuso da trent’anni, il Cinema Massimo. 8 grandi professionisti, provenienti da tutto il meridione e dagli Stati Uniti, hanno accompagnato i partecipanti in un percorso interattivo che, partendo dai bisogni del territorio e del contesto rurale, ha poi progettato, in maniera partecipata, una nuova idea di utilizzo di uno spazio dismesso. Sferracavalli è stato un successo, lo confermano i numeri: boom di partecipanti in presenza e quasi 3000 streamers in collegamento. Alla penna degli organizzatori, associazione Sferracavalli, è affidato il racconto dell’esperienza.
Buona lettura e alla prossima storia!
“Dal 12 al 31 luglio Sferracavalli organizza il laboratorio di innovazione rurale collettiva”
– “Lungo!”
– “Bello!”
Ma che vuol dire ‘laboratorio di innovazione rurale collettiva’?
Abbiamo cercato anche con una certa fatica di raccontare cosa ci ha tenuti impegnati per buona parte dell’estate, cosa ci ha messi in discussione personalmente e come componenti di una giovane associazione.
Sferracavalli (e Lizzano) hanno un luogo, il Cinema Massimo, a cui si sentono molto legati. Un vecchio stabile abbandonato da trent’anni che è troppo bello per finire nel dimenticatoio. Sferracavalli ha un gruppo di giovani espatriati ad ogni lato del mondo che vorrebbero tornare a casa per condividere i propri interessi e cercare di coltivarli per costruire qualcosa che sia bello, utile ed inclusivo per l’intera comunità.
Allora cos’è che Sferracavalli vuole imparare da 8 grandi professionisti da tutto il meridione e dagli Stati Uniti?
Sferracavalli voleva proporre un percorso che partisse dall’analisi dei bisogni e delle risorse del proprio territorio, da alcuni fondamenti di architettura e design per poi riflettere sul concetto di spazio inteso come luogo di collaborazione e come “casa” (da qui il titolo stesso del laboratorio). Con Roberta Ragonese, architetto siciliano trapiantato in Germania, abbiamo elaborato un questionario per chiedere ai lizzanesi come immaginano e come vivono i loro spazi. Con Andrea Paoletti di Casa Netural abbiamo iniziato a ragionare sulla funzione che noi vogliamo dare ai nostri spazi, perché anche noi vogliamo essere un incubatore di sogni. Dopo aver smosso mille idee, siamo tornati coi piedi per terra, le abbiamo racchiuse in una manciata di importantissimi schemi e curve elaborando il nostro modello di business con l’imprenditore Spike Morelli, e abbiamo continuato a dare una base economica per i nostri obiettivi con Zac Park che ci ha insegnato come elaborare una campagna di crowdfunding efficace (per poi ripulire insieme a noi il Cinema Massimo dalla polvere e dalle cianfrusaglie). Abbiamo liberato la nostra creatività, fantasia ed ingegno con due laboratori di autocostruzione in cui potessimo vedere e toccare con mano ciò di cui stavamo discutendo, utilizzando materiali di risulta: il cartone con Alessandra Bray, il legno ed il ferro con Valeria Cifarelli. Ci siamo sentiti più forti dopo aver condiviso con Rosario Esposito La Rossa la storia di una piccola casa editrice indipendente che stampa i suoi titoli grazie al crowdfunding e per ognuno di questi pianta un albero. Così, ci siamo convinti che “fra dieci anni saremo un bosco”. Ce lo siamo scritto sulle magliette che abbiamo indossato per la festa finale del 2 agosto, organizzata nell’ultima parte del laboratorio con Luigi Greco e gli architetti di Rudere project, esperti nell’organizzazione di eventi culturali in spazi dismessi. Abbiamo riempito il cinema di installazioni artistiche ed interattive di altissimo livello e coinvolgimento. Questo ci ha permesso di riaprire alcuni spazi sconosciuti anche a quel pubblico che spesso si affaccia commosso di fronte alle sale in cui conserva ricordi e speranze. E ci siamo sentiti più vicini a quello che vorremmo essere un giorno.
Maria, una delle “allieve” del laboratorio di innovazione rurale collettiva, direttamente da Bologna, così commenta la sua esperienza con un post su Facebook:
“La mia amica Vale ieri delusa mi ha detto che si aspettava che fossi più abbronzata.
In effetti non posso descrivere la mia settimana di permanenza in Puglia come una vacanza:
In realtà mi sono “schiavizzata” da sola perché non ne volevo proprio sapere di saltare gli incontri, i workshop e le attività (nel mio caso tagliare cartoni spessissimi con il taglierino fino allo sfinimento), e a fine giornata potevamo felicemente sguazzare in mare al tramonto. Così anche noi “dal nord” abbiamo preso parte a Sferracavalli e per far capire se mi è piaciuto posso solo dire che sarei stata felice di perdere l’aereo del ritorno. Penso che il punto di forza di questo evento sia proprio il gruppo eterogeneo che lo organizza e il fatto che ognuno abbia interessi diversi e profondi, pronto a condividerli con gli altri e soprattutto carichi per rendere partecipe tutta Lizzano. Perciò se passate dalla Puglia andate a vedere quanto sono bravi quelli di Sferracavalli e quant’è bello il Cinema Massimo!”
E ancora Anna, una delle nuove collaboratrici fisse dell’associazione, commenta con un tweet, alla fine
dell’iniziativa: “3 cose che mi ricorderò di @sferracavalli 2014: #incontro #ispirazione #pragmatismo, mescolate alla capacità di tradurre i pensieri in azione.”
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